17.07.2020

Dal conflitto al confronto: l’arte di costruire ponti

Il conflitto è una situazione molto comune ed è parte integrante della nostra vita. Siamo portati a connotarlo in maniera negativa ma si tratta a tutti gli effetti di un elemento essenziale della comunicazione e, dunque, di un potenziale strumento di crescita. Parliamo naturalmente di quello che nel linguaggio professionale si definisce conflitto costruttivo, ovvero di un confronto, anche acceso, tra due o più persone che partendo da un punto di vista differente provano a trovare una sintesi in nome di un progetto o di un bene comune. È un’arte nobile e complessa, che richiede consapevolezza, capacità di calarsi nei panni altrui, buone doti comunicative, e può portare a risultati davvero sorprendenti. Il conflitto fine a se stesso, invece, anziché al confronto porta alla competizione malsana, una situazione spiacevole in cui ogni gesto viene vissuto come un affronto personale. Questo tipo di conflittualità è estremamente negativo perché finisce per occupare gran parte dei nostri pensieri e del nostro tempo, ci distoglie dai nostri progetti e limita la creatività e la produttività. Come tutte le condizioni croniche, è una trappola dalla quale è difficile uscire. Il conflitto distruttivo è frequente, oltre che nella vita privata, anche tra colleghi e nei confronti del proprio superiore ed è caratterizzato da malessere e aggressività, che non sempre trova uno sfogo ma resta latente.

Uscire da questo circolo vizioso è possibile, e dovrebbe essere un impegno di ciascuno perché vivere è lavorare in armonia è una nostra responsabilità. È fuor di dubbio, però, che la capacità di gestire il conflitto sia una dote imprescindibile soprattutto per chi ricopre posizioni di responsabilità. Il leader, infatti, non può permettersi di avere una squadra in cui qualcuno, anziché ponti costruisce dei muri, perché ne va del futuro di tutti. Un gruppo che fatica a relazionarsi in maniera corretta, infatti, lavora malvolentieri ed è probabile che veda sfumare i propri obiettivi. Occorrerà allora ricondurre il conflitto nei binari dell’ascolto, senza metterlo a tacere, creare situazioni di confronto, meglio se periodiche, in cui ciascuno è invitato a conoscere l’altro e le ragioni del suo operato. È molto probabile che con un po’ di pazienza vengano a galla dei preconcetti che impediscono alle parti di entrare in relazione e di ascoltarsi, di ricercare dei punti di vista comuni su cui imbastire un rapporto di fiducia e di collaborazione. Un buon leader promuove il confronto, senza il quale non è possibile la cooperazione. Per fare questo si affida, in modo più o meno consapevole, alla propria intelligenza emotiva, ovvero alla sua capacità di riconoscere e gestire le emozioni, le proprie e quelle degli altri. Non a caso, questo tipo di intelligenza è una qualità sempre più richiesta nel mondo del lavoro. Per alcuni è innata, ma tutti la possiamo coltivare, da soli o con l’aiuto di un coach.

 

 

 

Se anche tu hai bisogno di una spalla per guardare lontano, sarò felice di risponderti.